La maschera di Alberto Ongaro

Ieri notte non gliel’ho fatta. Sono crollato a venti pagine dalla fine. Ma stamattina, prima di scaricare la repubblica+ sull’Ipad, l’ho finito. E la fine è notevole, con tanto di colpo di scena sia nel prefinale che nel finale. Sto parlando de “La maschera di Antenore”, il penultimo romanzo di Alberto Ongaro, pubblicato da Piemme nel 2009.

L’ultimo, “Un uomo alto vestito di bianco” arriverà con la prossima infornata via internet e andrà ad accompagnare tutti gli altri suoi libri che stanno, uno accanto all’altro, nella Billy accanto al letto, quella degli autori più amati. Ci sono tutti, tranne “Il complice”, il primo, del 1965, oggi quasi introvabile; e “L’ombra abitata” – da me molto amato, è forse il suo più bello – che devo aver prestato a qualcuno e non è mai tornato (è rimasta solo la sovracopertina, chissà come e perché).

L’anno scorso in una libreria francese

Ongaro, classe 1925, scrittore e giornalista (e sceneggiatore di fumetti con l’amico fraterno Hugo Pratt, divenuto anche il protagonista del suo “Un romanzo d’avventura”) ha girato e vissuto in mezzo mondo, soprattutto in America Latina e a lungo a Londra, prima di tornare nella sua Venezia.

Amo la sua scrittura, nitida e inconfondibile, parca nelle virgole e ricca nei vocaboli. Ma soprattutto amo le sue storie, l’avventura, la fantasia inesauribile di un uomo che ha superato da tempo gli ottant’anni.

Le sue sono spesso storie che contengono altre storie, ma ci si muove sempre, comunque, all’interno di un universo letterario. Nelle storie ha sempre un gran peso l’immaginazione dei personaggi (e dello scrittore onnisciente). I suoi personaggi non sono quasi mai persone normali né di solito hanno nomi normali. Vivono eventi spesso impossibili ma con una logica interna che li rende credibili.

E anche quando lo sfondo è vero, concreto e drammatico come l’Argentina degli squadroni della morte, nell’immediato dopo dittatura (“Interno argentino”, Rizzoli, 1991), l’intreccio va al di là della realtà, in una dimensione “altra” che prende il lettore, dove quello che è possibile, se non probabile, alla fine diventa reale.

Anche questa penultima fatica narrativa mi ha preso. Se proprio dovessimo classificare “La maschera di Antenore”, potremmo dire che appartiene a quel genere “fantastico”, che tanti anni fa ho frequentato con passione e che da un po’ non mi capitava d’incontrare. Ambientata tra Venezia e Parigi, e la Bretagna, è una di quelle storie dove a un certo punto si produce uno scarto verso un mondo “altro”, con le sue regole, dove una risata di scherno scatena un inferno di rancore e il ricorso a pratiche antiche, tanto incomprensibili quanto esiziali, con conseguenze a cascata fino all’inevitabile scioglimento finale (di cui ovviamente non dirò nulla).

Un pensiero su “La maschera di Alberto Ongaro

  1. Sono d’accordissimo con te. Ongaro è veramente uno dei più grandi scrittori che abbiamo, e qui l’aggettivo grande non è usato in maniera casuale o superficiale. Che dire?f Una fantasia eccezionale, una capacità di creare storie fantastiche e intrecci partendo da un nulla, una scrittore magistrale che ci fà chiedere ma come fà a scrivere , pensare queste cose. Veramente uno scrittore unico, uno di quelli che hai voglia di ringraziare per i momenti unici che ci regalano con la loro scrittura. Una lezione per tanti scrittori abituati a scrivere storie copie, fotocopie di storie già scritte, alla ricerva di un successo vano. Ongaro, la perla italiana piu bella.

Lascia un commento